Come nella tradizione ritrattistica romana, questo studio, raffigurante un volto di uomo segnato dal tempo, non abbellisce nulla del dato reale, assurgendo i dettagli di per sé lontani dal canone di perfezione classica, prima di tutto le rughe, a magnificenza di storia, a monumento d’esperienza.
La posizione della testa, leggermente voltata rispetto all’asse del collo, sottolinea lo sguardo di penetrante osservazione, in un atteggiamento di attento ascolto perfettamente intellegibile dalle labbra serate.
Molteplici esempi tratti dalla scultura romana potrebbero fornire un confronto convincente, a partire dalla Testa di uomo dalla Dacia dei Musei Vaticani (II sec. d.C., Città del Vaticano, Braccio Buovo, Museo Chiaramonti), sicuramente conosciuto da Crocetti durante gli anni trascorsi nel laboratorio di restauro della città papalina; ma è da notare che la fisionomia scolpita dal maestro abruzzese non ritrae sembianze di uomini antichi, ma è ben presente nella sua contemporaneità, adattando il modello antico al verismo del proprio secolo, come già tipico dell’interpretazione anticonvenzionale dell’arte classica di tradizione seicentesca. Come solito per il catalogo di Crocetti, la stratificazione culturale alla base delle sue opere è profondissima, ma anche incredibilmente rappresentante del linguaggio moderno.
In esposizione permanente presso il Museo Crocetti dal 2015.
Marcello Venturoli, Crocetti, Roma 1972, fig. 56.