La datazione di questo piccolo bronzo è emblematica per comprendere l’ormai raggiunta sicurezza della piena maturità scultorea di Venanzo Crocetti, pienezza artistica manifesta non solo per il sicuro modellato, ma anche per il riferimento classico cui questa modella trova origine. Fu realizzata dal maestro di Giulianova l’anno successivo alla vittoria della XXI Biennale di Venezia e la posa apparentemente naturalissima della figura femminile si confronta direttamente con uno dei canoni più celebri e perfetti della scultura ellenistica: la Venere di Milo (130 a.C., marmo pario, Parigi, Musée du Louvre). Come nell’antico capolavoro, il peso della figura si regge sulla gamba arretrata in tensione, lasciando in riposo l’arto inferiore opposto; la schiena, leggermente curvata di lato e in avanti, come nella Venere greca, compensa il movimento in alto del fianco destro.
Come tipico della ricerca formale di Crocetti, il riferimento all’antico è sempre presente eppure costantemente mediato da un linguaggio estetico contemporaneo: la modella è una donna del proprio tempo, non un’antica divinità: il gesto quotidiano di dividere le ciocche di capelli, distrattamente, le forme piene, sicuramente tornite, ma caratterizzate dalla rotondità di chi non è un’atleta, riportano a una dimensione quotidiana.
La chioma così prepotentemente folta restituisce all’opera una caratterizzazione decisa, ponendosi come fulcro con il quale catturare l’attenzione del visitatore, seppure senza scadere nel decorativismo.
Una fusione di misura più grande è stata esposta nel 1950 alla VI Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma.
1951-1952 VI Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma (la fusione di grande dimensione)
VI Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, catalogo della quadriennale, (Roma, dicembre 1951-aprile 1952) pag. 24.