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Donna al fiume

Donna al fiume

bronzo

121 x 106 x 59 cm

1960

n. inv. 120

La scultura trae origine da un prototipo che Crocetti eseguì nel 1935, dal nome Donna al fiume: differentemente da questa, l’opera primigenia mostra la fanciulla con il volto verso il basso; di questa prima composizione ne esistono due esemplari, uno in collezione privata e un altro, di piccole dimensioni, nella casa dell’artista (30x15x25, n. inv. 489). Una prima versione tratta dall’originale del 1935, ma realizzata in gesso e con il viso girato come la presente, partecipò alla XXVI Biennale di Venezia nel 1951. Dallo stesso prototipo, il maestro abruzzese trasse anche Ragazza al fiume che saluta, ossia la stessa composizione ma con la variante del cappello a tesa larga e del braccio alzato nell’atto di salutare (1969, Roma, Museo Crocetti, n. inv. 39); un ulteriore versione dello stesso prototipo fu ideata nel 1961: in questo esemplare, conservato presso una collezione privata italiana, la donna ha il cappello ma il braccio è disteso verso il basso come nella versione del 1960; una successiva fusione in bronzo, identica a quella del 1961 ma di dimensioni leggermente più piccole, venne realizzata nel 1970 e destinata a una collezione privata giapponese.

La donna è ritratta in un gesto qualunque di distrazione dal lavoro che sta svolgendo: la gonna arrotolata lungo le cosce e la posizione china la riporta a una dimensione agreste, con le caviglie immerse nell’acqua a cogliere qualcosa. La posizione ricorda molteplici precedenti figurativi: dal personaggio accucciato a destra nella nota formella raffigurante il Sacrificio di Isacco di Filippo Brunelleschi (1401, Firenze, Museo del Bargello) al Pescatorello napoletano di Vincenzo Gemito (1877, Firenze, Museo del Bargello), e infine al David di Giacomo Manzù (1950, Milano, collezione privata); la mancanza di lirismo che caratterizza l’opera di Crocetti, la verità quotidiana che non rimanda ad alcun tipo di eroismo classico, avvicinano idealmente l’opera alle scene del film Riso amaro di Giuseppe de Santis (1949): la schiena piegata delle mondine descritte nel lungometraggio riportano alla fanciulla di Crocetti.

Dell’opera esiste una variante bronzea più piccola (di circa 50 cm. di altezza), di cui si conoscono due fusioni: una realizzata nel 1960 e appartenente a una collezione privata giapponese, e una datata 1969 conservata in una collezione privata italiana (De Santi 2001, n. 34)