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Stele della vita

Stele della vita

marmo

342 x 123 x 35 cm

1977 (?)

n. inv. 122

Fin dagli albori della Storia, l’umanità ha lasciato testimonianza di ciò che di più importante considerava dovesse essere lasciato a immortale memoria tramite le stele ornate: celebrazione di accadimenti importanti, scioglimento di un voto sacro, commemorazione di un defunto… la stele ha la funzione magico-sacrale di testimoniare l’eredità del pensiero umano attraverso i secoli.

La stele della vita ha un apparato figurativo molto complesso in cui si incrociano vari temi molto cari allo scultore abruzzese, in particolare gli animali e la rappresentazione del triangolo, l’elemento geometrico dal quale, secondo l’artista, si genera qualsiasi composizione. L’elemento principale del partito figurativo è l’uomo, proteso verso l’alto dove appare il disco solare i cui raggi si espandono in direzione di tutti gli elementi compositivi. Accanto all’essere umano, sono disposti due animali cari a Crocetti: un gallo a sinistra, elemento familiare, simbolo del sole e della rinascita nella tradizione ancestrale popolare; una leonessa a destra, fiera che tante volte Crocetti ha studiato nella possanza anatomica che la contraddistingue. A destra del disco solare, sulla sommità della stele, appare il triangolo, vero e proprio segno distintivo delle teorie artistico-volumetriche del maestro di Giulianova.

Si tratta, dunque, della rappresentazione del creato con al centro l’essere umano, la cui vita, a prescindere da ogni credo, è sacra in quanto segna la Storia.

Non si conosce l’arco cronologico di quest’opera: in una versione probabilmente più tarda della stessa composizione (inv. n. 506), ma più piccola di un terzo, molto più elaborata e in bronzo (in esposizione nello studio dell’artista all’interno del Museo a lui dedicato), si legge sul fianco un’iscrizione nella quale l’autore ricorda che il tema iconografico fu elaborato a partire dal 1946. Questa, dunque, è la data presunta dell’opera marmorea, conservata presso il giardino del Museo Crocetti. Per quanto riguarda la cronologia della versione in bronzo, tratta da un’esemplare in gesso (inv. n. 792), anche questo ancora visibile nello studio del maestro, l’ipotesi più probabile è deducibile da uno schizzo su carta firmato “Crocetti 1977” in cui sono tracciati tutti gli elementi figurativi che mancano nell’opera marmorea ma che si ritrovano in quelle in bronzo e in gesso.