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Cavaliere morente

Cavaliere morente

Il partigiano

bronzo

8 x 24 x 20 cm

1947

n. inv. 58

Il palese tributo al Galata morente, scultura bronzea dell’artista ellenistico Epigono che faceva parte del complesso monumentale del Donario di Attalo a Pergamo (230-220 a.C.), oggi conosciuta attraverso la copia marmorea romana (Roma, Museo Capitolini), è riferito da Crocetti alla lotta partigiana della Resistenza, la guerra civile italiana che, a seguito dell’armistizio annunciato l’8 settembre 1943, concluse la Seconda Guerra Mondiale.

Se, però, l’anatomia maschile dalla muscolatura tornita e la posizione delle gambe sono una diretta citazione del capolavoro pergameno, la testa piegata a terra che cela il volto è una diretta citazione della statua marmorea raffigurante Santa Cecilia di Stefano Maderno (Roma, Santa Cecilia in Trastevere, 1600). Già Rubens, nel dipinto raffigurante la Morte di Abele (Greenville-South Carolina, Bob Jones University, 1617), aveva traslato l’iconografia del Maderno in sembianze maschili. Nella versione di Crocetti, però, le braccia portate dietro la schiena amplificano il senso drammatico della sconfitta.

Nel gesto della resa è insita la drammaticità della figurazione: non si tratta soltanto della disfatta fisica, ma di un abbandono della coscienza, un abbattimento profondo e morale che somiglia più a un atto volontario che a un accadimento del destino. In questo senso, l’opera di Crocetti sembra anticipare l’excipit di Una questione privata di Beppe Fenoglio (I edizione, 1963): Come entrò sotto gli alberi, questi parvero serrare e far muro e a un metro da quel muro crollò.