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Ragazza al fiume che saluta

Ragazza al fiume che saluta

bronzo

130 x 105 x 58 cm

1969

n. inv. 39

Lo straordinario realismo della Ragazza al fiume che saluta riporta alla vita agreste dell’infanzia di Crocetti, alle attività rurali sotto il sole, per cui un breve e inaspettato momento di distrazione è accolto più con straniamento che come possibilità di riposo. La figura muliebre, non bella né aggraziata, è colta in un’espressione di scettica indagine sulla persona cui accenna il saluto. Le gambe troppo lunghe, la schiena curva, i fianchi robusti sono propri di una qualsiasi donna lavoratrice, costretta ad alzarsi la gonna per immergere le gambe nel fiume in una posa goffa ma carica di suggestioni veriste.

I precedenti figurativi che possono aver determinato la composizione sono innumerevoli, dall’accolito accucciato a destra nella celebre formella raffigurante il Sacrificio di Isacco di Filippo Brunelleschi (1401, Firenze, Museo del Bargello) al Pescatorello napoletano di Vincenzo Gemito (1877, Firenze, Museo del Bargello), per finire con il David di Giacomo Manzù (1950, Milano, collezione privata): la novità sostanziale della scultura di Crocetti è l’assoluta mancanza di lirismo, una ripresa della realtà non erta a testimonianza storica o eroismo classico, ma a coscienza di una verità quotidiana.

Da questo punto di vista, dunque, il parallelo iconografico più stringente è forse da cercare in alcune scene di Riso amaro, capolavoro cinematografico diretto da Giuseppe de Santis (1949): le gambe immerse nell’acqua della risaia, la schiena piegata e il volto alzato della clandestina Doris Dowling, a scrutare la crumira Silvana Mangano, riportano allo sguardo indagatore della ragazza di Crocetti.

La scultura è l’ultima variante di una composizione iconografica ideata da Crocetti nel 1935, intitolata Donna al fiume: in questa prima versione la figura ha il volto rivolto verso il basso, non saluta, ma ha il braccio verso il basso ed è priva di cappello; di questa prima composizione ne esistono due esemplari, uno in collezione privata e un altro, di piccole dimensioni, presso i depositi del Museo Crocetti (30x15x25, n. inv. 489). Nel 1951, un’altra versione, ma in gesso, senza cappello, con il volto girato di lato ma con il braccio verso il basso, partecipò alla XXVI Biennale di Venezia. Un’ulteriore versione del 1961, con l’unica variante del braccio verso il basso invece che piegato nell’atto di salutare, è conservata presso una collezione privata italiana e un’altra fusa nel 1970, di dimensioni leggermente più piccole, si trova presso una collezione privata del Giappone. Nel 1960, Crocetti ideò un’altra variante della composizione, con la donna che tira con la mano destra un panno, conservata presso il giardino del Museo Crocetti (n. inv. 120).