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Gazzella ferita

Gazzella ferita

bronzo

31 x 135 x 50 cm

1933

n. inv. 6

L’interesse per il mondo animale fu da sempre costante nel percorso di ricerca artistica di Venanzo Crocetti. Quando ancora la sua abitazione-studio romana si trovava in via Flaminia, più precisamente all’inizio degli anni ’30, il maestro era solito frequentare il giardino zoologico capitolino per studiare le anatomie e le pose degli animali provenienti da altri Paesi, in particolare le belve e le relative prede del continente africano.

La Gazzella ferita si colloca precisamente in questa serie di studi, volti all’approfondimento dinamico delle forme. L’animale è raffigurato nell’attimo in cui, ormai esangue, si abbatte al suolo; l’osservatore ne può intuire il movimento appena concluso grazie alla dinoccolata posizione delle zampe posteriori, disassate rispetto all’asse d’equilibrio dell’animale tanto da costringere il tronco a una innaturale torsione. Questa mirabile soluzione compositiva è resa ancor più patetica dall’abbandono del collo, riverso a terra in stato di massima prostrazione fisica. La rappresentazione è concentrata soltanto nel caracollante cedimento della gazzella: Crocetti sottrae ogni elemento narrativo, per cui non è dato sapere cosa ha provocato l’abbattimento della preda; non ci sono armi di bracconieri o evidenti ferite da parte di una belva feroce: il racconto è lasciato all’immaginazione di chi osserva, secondo il principio estetico per cui è tanto più efficace la composizione quanto più non rivela altro che l’attimo prima del dramma, del momento culminante della storia. Infatti, la gazzella non è ancora morta, è ritratta nell’istante di tensione nel quale ancora un anelito di vita potrebbe vincere il dolore e salvare l’animale.

La matrice dell’opera fu scelta da Venanzo Crocetti per essere esposta alla Prima Mostra Internazionale d’arte coloniale di Roma, svoltasi nel 1931: l’esemplare del Museo Crocetti è una seconda fusione realizzata nel 1933, mentre l’opera esposta nella mostra capitolina è attualmente conservata presso la Galleria d’Arte di Teramo.