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Ragazza seduta

Ragazza seduta

bronzo

110 x 76 x 33 cm

1946

n. inv. 24

La figura muliebre assisa e annodata su se stessa è una delle pochissime prove di Venanzo Crocetti nella quale è palese una sensualità manifesta, consapevole. A questo giudizio, che non sfuggì a Marcello Venturoli, il quale ravvide nella contorta postura e nella trasognata e compiacente espressione del volto una “contemplazione da amante”, deve altresì essere aggiunta la raffinatezza del movimento che nasconde la propria nudità, più per gioco che per pudicizia, in considerazione del gesto civettuolo della mano persa nella chioma fluente che sta accarezzando.

L’equilibrio tra compostezza e malizia è la chiave interpretativa dell’opera, che ricorda allo stesso tempo sia il prototipo ellenistico della accovacciata Venus frigida, modello per eccellenza di pudore femminile (si prenda a esempio l’esemplare romano di II secolo d.C. conservato presso il British Museum di Londra), sia la compiaciuta carnalità della Ninfa spinaria degli Uffizi di Firenze (I secolo a.C.), che accavalla le gambe come la giovane di Crocetti.

Da un punto di vista tecnico, la modellazione rivela una profonda finezza nello studio dei piani prospettici, che creano un variato gioco di chiaroscuro grazie alle ombre generate dalle forme concave e convesse delle membra, avvinghiate le une sulle altre: si noti, per esempio, la proiezione che il volto e l’avambraccio su cui poggia la testa creano sul tronco della figura.

Una seconda versione fu venduta in Giappone nel 1973.