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La portinaia

La portinaia

bronzo

100 × 42,5 × 22 cm

1934

n. inv. 4

La saldezza del modellato di una antica Kore è il riferimento plastico di questa opera giovanile: nella Grecia Arcaica (VIII-VI secolo), le korai, erano statue votive che raffiguravano giovani donne stanti il cui movimento era appena accennato dall’incedere delle gambe. La medesima posizione ferma e frontale, ma sul punto di scattare, caratterizza quest’opera, che gioca su un ironico e sagace rovesciamento di significato. Infatti, quanto più le korai antiche esprimevano eleganza, imperturbabilità, eterna e perfetta bellezza, tanto più La Portinaia di Crocetti appare severamente concitata in un’espressione di quotidiana contingenza. L’antico chitòne, la tunica stretta in vita che lasciava trasparire le forme delle korai, diventa ne La Portinaia un logoro abito da lavoro; le anatomie eteree delle fanciulle dell’antica Grecia sono sostituite da una fisionomia robusta.

Come Donatello mise in croce un contadino nella Basilica di Santa Croce a Firenze, critica che gli fu rivolta da Filippo Brunelleschi secondo la testimonianza di Antonio Billi e Giorgio Vasari, così Crocetti ha voluto rendere omaggio alla statuaria antica, da lui sempre attentamente studiata, rovesciando il significato di eterna bellezza, attribuendo le caratteristiche muliebri di perfezione a una donna sfiorita dal lavoro, non più giovinetta, eppure monumentale nel suo solido e familiare cipiglio.

Non è, infatti, soltanto un ironico ribaltamento di significato, ma la manifestazione di quanto l’essere umano, con la propria operosità, nobiliti il lavoro che svolge: la fierezza dello sguardo vigile e la sicurezza del proprio ruolo, onesto laddove umile, simbolicamente rappresentato dalle chiavi che la donna tiene saldamente in mano, rendono maestosa questa figura femminile, al di là delle pianelle al posto delle scarpe e della veste semplice, elementi di realismo che colmano di significato anche la più modesta condizione sociale.

La portinaia
La portinaia